Ennesimo assalto alla libertà degli utenti di Internet.
Negli anni sessanta questo slogan veniva gridato per indicare che anche in Italia era alle porte una rivoluzione comunista.
Oggi purtroppo siamo costretti a constatare che il governo italiano adotta misure repressive e censorie che sempre di più lo avvicinano alla Cina, a detta di molti uno dei paesi con minore libertà in rete.
Ieri è stato approvato in senato il "pacchetto sulla sicurezza".
Nel testo della legge (art. 50bis) si legge: "Quando si procede per delitti di istigazione a delinquere o a disobbedire alle leggi, ovvero per delitti di apologia di reato, previsti dal codice penale o da altre disposizioni penali, e sussistono concreti elementi che consentano di ritenere che alcuno compia detta attivita di apologia o di istigazione in via telematica sulla rete internet, il Ministro dell’interno, in seguito a comunicazione dell’autorita giudiziaria, puo disporre con proprio decreto l’interruzione della attivita indicata, ordinando ai fornitori di connettivita alla rete internet di utilizzare gli appositi strumenti di filtraggio necessari a tal fine".
A prima vista non sembra un gran cambiamento rispetto alla situazione attuale. Ma a ben guardare non è così.
In un paese democratico il compito di prendere decisioni repressive è affidato all’autorità giudiziaria. In regimi di polizia questo compito ce l’ha la polizia. In questo maledetto paese siamo molto avanti: secondo il pacchetto sicurezza è direttamente il ministro dell’interno che può ordinare la chiusura di un sito e/o che questo paghi una sanzione pecunaria fino a 250.000 euro.
altre info:
- da Zeus news
- DaI blog di Guido Scorza
- il testo dell’articolo di legge
- mentre eravamo distratti
- da Punto Informatico
- Intervista a Marco Pancini di Google Italia