Il lockdown deciso dal governo Italiano e dalla maggior parte dei governi degli Stati a capitalismo avanzato ha determinato un’accelerazione fortissima dell’uso del digitale.
Scuole ed università si sono viste costrette ad adottare la didattica a distanza per poter proseguire le lezioni.
Questa situazione di emergenza ha fatto venire al pettine tutti i nodi di decenni di immobilismo e distruzione del poco che era stato costruito.
Innanzi tutto va detto che gli insegnanti, ma anche gli studenti e, ahimè, i genitori, si sono dovuti far carico della distanza, di inventarsi “a distanza”, poiché poco o nulla è stato sperimentato sotto la guida degli organi competenti e quindi nulla è stato messo a sistema. In ordine sparso, scuole e università hanno tentato di fare buon viso a cattivo gioco, a volte facendo finta di nulla: riprodurre la didattica in presenza attraverso le video chat. Poi, pian piano, sono arrivate le assegnazioni dei compiti da fare a casa; chi attraverso le mail, chi attraverso Google Drive, qualcuno attraverso piattaforme come Edmodo, e così via. Nel frattempo il Ministero ha cominciato a dare indicazioni, tramite la sua pagina web (https://www.istruzione.it/coronavirus/didattica-a-distanza.html), sulle piattaforme per la didattica a distanza da adottare: Google Suite, Office 365, Weschool.
Il Ministero, non avendo idee migliori, ha scelto di affidarsi ai grandi sia per le garanzie di affidabilità che offrono, sia per l’abitudine che gli utenti (insegnanti e studenti) hanno già nell’uso di una parte degli strumenti messi a disposizione. È il caso di Google e Microsoft Office. E così, anche nel campo della didattica, è continuato lo scivolamento verso le imprese private di una funzione tipica della Cosa Pubblica. Una esternalizzazione in atto da anni anche in altri settori cruciali, come la sanità.
Questo è ciò che è accaduto.
Ora, passati tre mesi dalla chiusura forzata delle scuole, tutti coloro che hanno a cuore le sorti della scuola pubblica italiana chiedono che la risposta alla crisi innescata dal Coronavirus sia l’occasione per investire nella scuola: più soldi per l’edilizia scolastica e per assumere insegnanti allo scopo di ridurre il numero di studenti per classe e avere risorse per una didattica migliore che metta al centro la crescita degli studenti.
Non è ancora chiaro come riapriranno le scuole a settembre, ma per quanto se ne sa il Ministero vorrebbe “spinge” per la didattica mista: parte in presenza e parte a distanza. Le direttive sono sempre le stesse di tre mesi fa: piattaforme per la DAD delle grandi multinazionali americane, e arrangiatevi!
In questo panorama sono spariti completamente il metodo didattico, la libertà di insegnamento, la questione della privacy e dei dati, il digital divide. Proviamo a farli riemergere.
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